Divieto di combattimento tra animali (art. 544 quinquies c.p.).
Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro. La pena è aumentata da un terzo alla metà:
1) se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate;
2) se le predette attività sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;
3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti.
Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
L’art. 544-quinquies c.p., costituisce un’importante novità introdotta dalla l. n.189 del 20-7-2004. Si può ricordare, infatti, che in precedenza l’art. 70 del T.u.l.p.s. (R.D. 18-6-1931, n. 773) vietava gli spettacoli o i trattenimenti pubblici che potessero turbare l'ordine pubblico, che fossero contrari alla morale o al buon costume, o che importassero strazio o sevizie di animali.
Tuttavia, tale disposizione, che sarebbe apparsa, in ogni caso, assolutamente inadeguata al fine di contrastare il crescente e complesso fenomeno delle c.d. zoomafie, fu abrogata dall'art. 13, d.lgs. 13-7-1994, n. 480. Sicché tra le finalità precipue del legislatore del 2004 ricorre, senza dubbio, quella di colmare ciò che appariva ormai, a fronte di preoccupanti e dilaganti attività di sfruttamento degli animali perpetrate ad opera soprattutto della criminalità organizzata, come un vero e proprio vuoto di tutela. Nella realtà criminologia, infatti, è emerso ed è andato progressivamente delineandosi con chiarezza un nuovo e preoccupante fenomeno genericamente qualificato oggi con il termine “zoomafia”.
L’espressione starebbe a indicare “lo sfruttamento di animali per ragioni economiche, di controllo sociale, di dominio territoriale, da parte di persone singole o associate, appartenenti a cosche mafiose o a clan camorristici”. In tale più ampio contesto di attività illecite, gli animali, soprattutto cani e galli per quanto riguarda i combattimenti, e cani, cavalli e asini per quanto concerne le competizioni, vengono allevati e allenati con modalità crudeli e aberranti, al fine di svilupparne il più possibile le qualità considerate utili al buon esito delle competizioni o della lotta.
Tali animali, poi, destinati alle corse clandestine o a veri e propri combattimenti, vengono nell’un caso costretti a correre in condizioni di estrema crudeltà e pericolo o, nell’altro, aizzati e istigati a sbranarsi tra loro con esiti spesso letali. Le competizioni sopra descritte, grazie ad articolati sistemi di scommesse clandestine circa gli esiti delle medesime, costituiscono lucrosissime fonti di introito per la criminalità organizzata.
Alla luce di quanto detto, quindi, appare chiaro che il reato contravvenzionale di cui al previgente art. 727 c.p., unica fattispecie applicabile a casi concreti simili prima della riforma del 2004, non costituisse uno strumento penale idoneo a contrastare il fenomeno appena abbozzato. Il legislatore è intervenuto, pertanto, introducendo una fattispecie delittuosa piuttosto complessa, che costituisce in realtà una disposizione a più norme, volta a sanzionare, non solo la vera e propria direzione, organizzazione e promozione delle competizioni e dei combattimenti, ma anche tutte le principali attività prodromiche e funzionali ad essi, nonché quelle che da avvenimenti di tal fatta comunque traggano lucro.
In particolare l’art. 544quinquies c.p. delinea quattro autonome fattispecie di reato, consistenti nel:
a) promuovere organizzare o dirigere combattimenti o competizioni non
autorizzate tra animali che possano metterne in pericolo l’integrità fisica
(fattispecie contemplata al I comma, e punita con la pena della reclusione da uno a tre anni e della multa da 50.000 a 160.000 euro, pena che sarà aumentata laddove ricorra una delle circostanze di cui al II comma);
b) (fuori dei casi di concorso nel reato) allevare o addestrare animali, destinandoli alla partecipazione ai combattimenti di cui al I comma (fattispecie contemplata al II comma e punita con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro);
c) (fuori dai casi di concorso nel reato) essere proprietari o detentori degli animali impiegati nei combattimenti, qualora consenzienti (fattispecie contemplata nella seconda parte del II comma, e punita con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro);
d) (anche se non presente sul luogo del reato e fuori dai casi di concorso nel medesimo) organizzare o effettuare scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al I comma (fattispecie contemplata al IV comma, e punita con la medesima pena delle due precedenti).
L’art. 544-quinquies c.p. è certamente volto a tutelare l’umano sentimento di pietà e amorevolezza per gli animali. Tuttavia tale articolo, come più sopra chiarito, persegue anche il fine di contrastare il fenomeno dei combattimenti e delle competizioni tra animali, e quello delle scommesse clandestine, poiché tali avvenimenti, assai sovente riconducibili alla criminalità organizzata, costituiscono fonti d’ingenti introiti per la medesima. Si può ritenere, pertanto, che le fattispecie di reato contemplate all’art. 544-quinquies c.p. siano plurioffensive, poiché volte a tutelare, accanto al suddetto sentimento, anche l’ordine pubblico.
Per quanto attiene al soggetto attivo e quello passivo del reato in analisi potrà farsi riferimento a quanto già osservato, in proposito, in relazione all’art. 544-bis c.p.. Occorre solo qui precisare che la fattispecie di cui alla seconda parte, III comma, dell’art. 544-quinquies c.p. configura, al contrario di quanto avviene in merito alle altre ipotesi contemplate al medesimo articolo, un reato proprio, poiché lo stesso risulta integrabile solo da parte dei “proprietari” o dei “detentori” degli animali.
La fattispecie di cui al I comma dell’art. 544-quinquies c.p. punisce “chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica”. La disposizione tratteggia un reato di pericolo concreto dal momento che l’“evento di pericolo” è espressamente configurato quale elemento della fattispecie tipica. Il giudice dovrà quindi, caso per caso, verificare se il combattimento o la competizione abbiano effettivamente comportato un rischio per l’integrità fisica degli animali in questi coinvolti. L’intrinseca pericolosità dei “combattimenti”, tuttavia, ha fatto dubitare la dottrina della stessa sensatezza della tipizzazione di un evento di pericolo in relazione a tale ipotesi 327.
L’accertamento apparirà, dunque, in questi casi, pressoché immediato.
In merito alle “competizioni”, invece, la valutazione in concreto del pericolo di cui si tratta potrà essere, seppur non gravosa, meno immediata, poiché il pericolo stesso dovrà coincidere con un quid pluris rispetto ad un semplice “rischio d’infortunio” di per sé insito in qualsiasi attività agonistica.
L’espressione “non autorizzate” sarà da riferirsi unicamente alle competizioni. In Italia, infatti, alla luce della legislazione vigente, non esistono combattimenti tra animali autorizzati ed essi paiono comunque, in prospettiva, difficilmente autorizzabili. Tale clausola di illiceità speciale, quindi, esclude dall’ambito di applicazione della fattispecie in esame quelle manifestazioni regolarmente autorizzate, quali ad esempio le corse ippiche o di cani, che pure possono comportare rischi per l’integrità fisica degli animali.
Ancora una volta, come già in relazione all’art. 544-quater c.p., per individuare l’esatta portata delle espressioni “promuovere”, “organizzare” e (in questo caso anche) “dirigere”, si potrà fare riferimento all’interpretazione di tali concetti emersa in merito all’art. 112, I comma, n. 2, c.p.
Sarà quindi “promotore” chi, prendendone l’iniziativa, abbia ideato la competizione o il combattimento, o abbia persuaso altri sull’opportunità di attuarli o di prendervi parte o, ancora, colui che li abbia pubblicizzati. Si intenderà invece per “organizzatore” colui che predisponga tali eventi scegliendo e coordinando i mezzi e le persone attraverso cui attuarli. Infine, in via residuale, sarà definibile “direttore” colui che assuma comunque una funzione di guida e di amministrazione rispetto agli eventi medesimi.
Tali condotte di promozione, organizzazione o direzione devono avere ad oggetto “combattimenti o competizioni” tra animali, dove per “combattimento” s’intenderà una “lotta” in senso stretto, e cioè uno scontro tra animali della stessa o di diversa specie teso alla sopraffazione fisica dell’uno sull’altro (si pensi, ad esempio, ai combattimenti tra galli, tra cani, ma anche a quelli tra cani e cinghiali, o ai più rari combattimenti tra cani e orsi). Per “competizione” si considererà, invece, quella gara tra animali in cui essi siano impegnati nel superamento reciproco senza, tuttavia, che ciò comporti lo scontro fisico dell’uno con l’altro (si pensi alle corse ippiche o a quelle tra cani).
Infine lo specifico riferimento agli “animali”, per il cui concetto si rimanda a quanto più sopra osservato, esclude possano venire in rilievo alla luce del delitto di cui qui si tratta gli eventuali combattimenti tra uomo e animale, che potranno invece assumere eventuale rilevanza penale in forza degli artt. 544-ter o 544-quater c.p. Si riferiscono esclusivamente alla fattispecie qui analizzata le aggravanti speciali contemplate al II comma dell’art. 544-quinquies cp.
Il III comma dell’art. 544-quinquies c.p. sanziona, quale autonoma fattispecie, chiunque fuori dei casi di concorso nel reato di cui al I comma, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma, e anche per il tramite di terzi, alla partecipazione ai combattimenti di cui al medesimo I comma.
Tale ipotesi delittuosa è specificamente volta ad incriminare quelle attività che si possono considerare prodromiche e funzionali all’organizzazione, promozione e direzione dei combattimenti.
Essa troverà applicazione, per espressa previsione normativa, solamente “fuori dai casi di concorso nel reato” di cui al I comma. E’stato tuttavia osservato come la disposizione di cui si tratta paia destinata a non assumere un significativo ambito di operatività, poiché, chi integri le condotte da essa descritte sembra, invero, già porre in essere un contegno rilevante a titolo concorsuale alla luce del I comma dell’art. 544-quinquies c.p. La condotta di cui si tratta presenta una struttura bifasica, sostanziandosi da una parte nelle attività di allevamento e addestramento degli animali e, dall’altra, nella loro effettiva destinazione al combattimento.
Non è richiesto, invece, che il combattimento si sia effettivamente verificato, essendo necessaria, ai fini dell’integrazione del delitto, la semplice “destinazione” dell’animale ad esso; sarà la destinazione medesima, quindi, a segnare il momento consumativo del reato.
L’attività di “allevamento” può sostanziarsi nelle mere operazioni di nutrizione, accrescimento e moltiplicazione degli animali, e perciò in condotte di per sé penalmente lecite se non accompagnate dalla suddetta “destinazione”. Le attività di “addestramento alla lotta”, invece, implicando nella realtà dei fatti la sottoposizione degli animali a pratiche crudeli e spesso aberranti, verranno già a configurare, anche laddove non accompagnate dalla “destinazione” o da “un tentativo di destinazione”, condotte penalmente rilevanti alla luce dell’art. 544-ter c.p.
La “destinazione”, di cui si tratta, dovrà poi rivolgersi, per espressa previsione normativa, esclusivamente ai “combattimenti” e non anche alle competizioni.
La quarta e ultima fattispecie delittuosa, contemplata al IV comma dell’art. 544- quinquies c.p., punisce con la medesima pena prevista per le ipotesi di cui al III comma, chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dai casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al I comma.
Anche in questo caso la clausola d’assorbimento farà sì che il delitto di cui si tratta non venga ad applicarsi tutte le volte che la fattispecie concreta sia già sussumibile, a titolo concorsuale, sotto l’ipotesi delittuosa di cui al I comma. Il riferimento all’irrilevanza della presenza del soggetto agente sul luogo del reato consente di attribuire penale rilievo a tutte quelle attività di organizzazione ed effettuazione delle scommesse che vengano perpetrate, ad esempio, per via telefonica o telematica o comunque, attraverso le nuove tecnologie, anche a notevole distanza dal locus commissi delicti.
Per “organizzatore” s’intenderà, anche in questo caso, colui che predisponga quanto necessario per le scommesse, scegliendo e coordinando i mezzi e le persone attraverso cui attuarle. Mentre per “scommettitore” potrà intendersi colui che punti denaro sull’esito del combattimento o della competizione al fine di speculare sull’aleatorietà del risultato degli avvenimenti medesimi. L’intento di stroncare il mercato delle scommesse, assai lucroso per la criminalità organizzata, ha portato il legislatore ad equiparare quod penam la condotta d’ “organizzazione” delle scommesse stesse a quella, assai diversa per disvalore, di mera “effettuazione” delle medesime, suscitando, invero, qualche perplessità dal punto di vista del principio di proporzione della pena.
Tutte le fattispecie di reato previste all’art. 544-quinquies c.p. sono punibili esclusivamente a titolo di dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di porre in essere le singole condotte così come tipizzate al 1°, 3° e 4° comma del medesimo articolo. I reati di cui si tratta sono integrabili anche a titolo di dolo eventuale.