Nell’espletamento delle attività in convenzione con Enti pubblici, quali ASP e Comuni, il medico veterinario libero professionista assume la qualifica di incaricato di pubblico servizio, mentre il veterinario dipendente ASP risulta essere un pubblico ufficiale, ai sensi degli art.li 357 e 358 c.p., con le relative conseguenze in base ai principi del diritto penale amministrativo.
Per questo motivo un veterinario presente in allevamento o in macello, con funzioni di controllo o di certificazione (art. 357 c.p.: i Pubblici ufficiali esercitano una pubblica funzione amministrativa caratterizzata da poteri deliberativi; certificativi; autoritativi) è tenuto a trasmettere all’autorità giudiziaria ogni reato perseguibile d’ufficio cui assiste nell’esercizio delle proprie funzioni, in tale caso il reato di maltrattamento di animali ex art 544 ter c.p.
L’obbligo di denuncia sorge quando il veterinario, privato o dipendente ASL venga a conoscenza del reato di maltrattamento durante lo svolgimento delle proprie mansioni. Il codice penale prevede fattispecie specifiche a carico dei pubblici ufficiali che non operano in linea con quanto previsto dall’Ordinamento Giuridico (art. 361 Omessa denuncia da parte del pubblico ufficiale; art. 362 Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio; art. 365 Omissione di referto).
Per quanto riguarda il referto, si presume che lo stesso debba contenere l’esatta descrizione delle lesioni che si sono riscontrate, se possibile il giudizio diagnostico (il valore del referto sta anzitutto nell’accuratezza con cui è studiato il rapporto di causalità) ed in ogni caso il giudizio prognostico, cioè la previsione fondata della durata della malattia (dall’entità della prognosi scaturirà in molti casi il giudizio sulla perseguibilità d’ufficio del delitto considerato, ecc.). Inoltre in fase di arrivo di animale a terra al macello, nel registro di macellazione devono essere effettuate le annotazioni relativamente ai bovini malati ed eventualmente macellati d’emergenza.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo del reato di falso ideologico si configura semplicemente nella coscienza e volontà della omissione della attestazione.
Va sottolineata ed evidenziata la nota del Ministero della Salute a firma del Direttore del Dipartimento dott. Romano Marabelli del 1 agosto del 2006, avente ad oggetto proprio il ‘trasporto di animali a fine carriera’. Tale nota, con esclusiva funzione esplicativa, non normativa, della disciplina applicabile agli animali malati, dimostra il fatto che la pratica di stordimento sul camion degli animali non vale a scriminare dalle violazioni inerenti la disciplina di settore sin qui citata.
Il Ministero sottolinea come “ai sensi dell’art 12 del d.l.vo 333/98 gli animali che non sono in grado di sostenersi vanno macellati d’urgenza”, e che “tali animali sono considerati inidonei al trasporto ai sensi del d.l.vo 532/92”, riferendo inoltre come “qualora arrivino al macello animali che restano coricati sul camion e non sono in grado di muoversi autonomamente è necessario procedere all’abbattimento degli stessi sul mezzo di trasporto in modo da ricorrere a modalità inadeguate per lo scarico dell’animale vivo recandogli inutili sofferenze e nel caso in cui sia dimostrabile che l’animale era già partito in queste gravi condizioni sussistono le condizioni per la comminazione delle sanzioni ai sensi del d.l.vo 333/98”.
Nel caso in cui si individuino le omissioni dei medici veterinari destinati al controllo del benessere degli animali, ben può ravvisarsi l’esistenza del concorso in base alla pluralità di soggetti coinvolti e alla rilevanza eziologica del singolo contributo (sia in termini di azione che di omissione), alla realizzazione finale della fattispecie di grave maltrattamento. È necessaria la coscienza e la volontà dei soggetti, intesa come mera prevedibilità ed accettazione dell’evento anche a titolo di rischio (dolo eventuale) rispetto alle proprie deliberate omissioni. L’omissione è suffragata dall’esistenza a monte di una posizione di garanzia che pone a carico dei soggetti coinvolti (veterinari ufficiali in primis) l’obbligo di impedire il verificarsi di un evento ex art 40 comma 2 c.p., inteso come reato altrui.
Infatti l’esistenza del dovere di protezione da parte dei veterinari ufficiali dei macelli e di garanzia di tutela del benessere animale, oltre che destinatari delle norme relative alla loro protezione (nazionali e comunitarie) comporta l’evidente equivalenza causale tra l’azione e l’omissione non impeditiva.
A seguito della visita ante mortem del bovino malato due strade si pongono innanzi il veterinario ufficiale del macello, una volta accertate le gravi condizioni di salute dello stesso:
disporne l’immediato abbattimento sul mezzo per avviarlo alla macellazione di emergenza ed interrompere le sofferenze dell’animale e dare prescrizioni precise all’operatore in virtù delle proprie qualifiche professionali, oltre a prendere i dovuti provvedimenti ai sensi del Pacchetto Igiene ed a deferire all’Autorità giudiziaria il trasportatore;
astenersi dal compiere alcunchè, lasciando consapevolmente l’animale in balia dell’operatore e non compiere alcun tipo di attività, deliberatamente ed accettando quanto meno il dubbio che dalle proprie omissioni derivasse una compromissione del benessere dell’animale.
Ai sensi della normativa, l’OSA (Operatore del Settore Alimentare), l’allevatore o il titolare del macello hanno l’obbligo di assicurare che la sicurezza alimentare non sia compromessa e quindi garantire che solo animali sani siano ammessi alla macellazione. Per cui al macello gli animali feriti potranno essere visitati solo dal veterinario ufficiale e scopo della visita ante mortem è quello, tra gli altri di “verificare non ci siano segni che denuncino compromissione del benessere”. Solo se sono rispettate tali condizioni tra cui quelle di benessere, l’animale potrà essere scortato al macello, altrimenti l’animale dovrà essere abbattuto sul posto e la sua carcassa distrutta.
In conclusione, sulla base dei principi di diritto citati nonché alla luce delle prime pronunce giurisprudenziali in merito, non può verosimilmente ancora sostenersi l’inapplicabilità della norma sul maltrattamento anche agli animali presenti in allevamento, durante il trasporto o la macellazione, nel caso in cui gli stessi siano seviziati e torturati come purtroppo molto spesso accade, in quanto la teoria dell’inapplicabilità della legge 189 del 2004 a tali settori sembra più basarsi su ragioni economiche e di cinico spregio verso la sofferenza degli animali, che di puro diritto.