Piano nazionale per il benessere animale

Piano Nazionale per il Benessere Animale.

E' su strada che, in primis, necessita intervenire: su strada circolano i tir e gli autocarri che conducono migliaia di animali ogni giorno in ogni dove, dai mattatoi alle aziende zootecniche, dai venditori ai privati acquirenti, dagli allevamenti alle competizioni ippiche, dai Paesi - europei e non – all’Italia.
Il tutto spesso, troppo spesso, in violazione delle normative vigenti per il trasporto in sicurezza degli animali, di tutti gli animali, che frequentemente si feriscono o addirittura periscono durante il trasporto stesso, a causa della trascuratezza (imperizia, inesperienza, superficialità, insensibilità e spesso anche dolo) di chi invece avrebbe il dovere e l’onere di garantirne quantomeno le elementari necessità: l’assenza di ripari adeguati alle intemperie, lo stivaggio troppo denso per ottimizzare i profitti, il non sostare ad intervalli regolari, sono tutte “consuetudini” comuni rilevate frequentemente da chi opera i controlli su strada.
E qui ritorna il concetto di “sensibilità operativa” delle forze di Polizia impegnate: troppo spesso si sente dire dagli operatori espressioni del tipo: “non è di competenza nostra, riguarda altri”, ovvero “è tempo sprecato, la normativa è complessa, occorre chiamare i medici veterinari che arrivano dopo ore, ammesso arrivino” e così via.
Ecco, nascondersi dietro sacche mentali di tal fatta è, aldilà degli aspetti procedurali legati al reato di omissione di atti d’ufficio, un modo errato di affrontare la problematica che vede, quotidianamente, centinaia di persone tra volontari, animalisti, operatori di settore e persone comuni combattere lo status quo. Non è relegando il problema ad altri o, peggio, “bypassando” i controlli che questa sofferta guerra potrà essere vinta: occorre piuttosto sensibilizzare, trasmettere, coinvolgere il più possibile chi ancora si mostri restìo ad operare a tutela degli animali, tutela che non conosce “ripartizioni di competenze” e che nobilita l’operatore al più alto livello: quello di difendere chi difendersi non può. Gli animali hanno diritto al rispetto tanto in vita quanto nelle operazioni (commerciali) che li condurranno alla fine della loro esistenza per allietare le nostre belle tavole imbandite.
E’ dalla “strada” dunque che occorre partire, dall’inevitabile opera di prevenzione e di sanzioni (amministrative ma, ove occorra, anche di carattere penalistico nei casi comprovati di maltrattamento doloso) al fine di “educare” tutti i soggetti coinvolti nella filiera del trasporto sulle conseguenze, sui rischi e su tutto quanto richiesto dalla normativa vigente.

Normativa che, per la tematica del trasporto degli animali, ha quale punto di riferimento il Piano Nazionale per il Benessere Animale (P.N.B.A.), concernente il benessere animale negli allevamenti e che, quale aspetto prodromico della filiera che vedrà in seguito nel trasporto la sua prosecuzione, mira a definire tutta una serie di requisiti necessari per un allevamento rispettoso delle caratteristiche etologiche degli animali stessi.

Il PNBA è uno strumento operativo per verificare la corretta applicazione delle numerose norme che a livello nazionale e comunitario regolano il welfare negli allevamenti intensivi. In Italia l'attenzione sulla protezione degli animali allevati si è concentrata sino ad oggi prevalentemente su suini, vitelli e galline ovaiole. Ed è nei confronti di questi allevamenti che sono stati sinora attuati i controlli previsti dalle normative affidati esclusivamente ai medici veterinari.

Con il primo gennaio del 2008 è divenuto operativo quanto stabilito dalla decisione Ue 778/2006 secondo la quale le ispezioni debbono riguardare tutte le specie d’allevamento che rientrano nel campo di applicazione della direttiva 98/58/CE e non solo vitelli, suini e galline ovaiole.
La finalità del PNBA è anche quella di rendere uniformi le modalità di esecuzione e la programmazione dei controlli.

Attraverso il PNBA si favorirà infatti l'applicazione delle "buone pratiche di allevamento" e dove sarà possibile anche l'applicazione dei "piani di autocontrollo aziendale" che contemplano il rispetto dei parametri di benessere animale. Se al veterinario aziendale spetta il compito di referente e di interlocutore ideale nei confronti del veterinario ufficiale, va ricordato che la responsabilità dell’applicazione delle norme di benessere animale ricade, in ogni caso, sull’allevatore.

Il PNBA, periodicamente aggiornato, è stato elaborato da un gruppo di lavoro istituito presso la Direzione Generale della sanità animale e del farmaco veterinario di cui fanno parte rappresentanti dei Servizi Veterinari delle Regioni e Province autonome nonché del Centro di Referenza nazionale per il benessere animale.

Il “piano nazionale per il benessere animale (PNBA)” nasce non solo dall’esigenza di ottemperare alle disposizioni nazionali e comunitarie ma anche dalla necessità di rendere uniformi le modalità di esecuzione e la programmazione dei controlli. Partendo dal presupposto di base secondo il quale è necessario migliorare la formazione dei medici veterinari e degli allevatori relativamente alle tematiche di benessere animale, si è ritenuto indispensabile individuare la formazione stessa come obiettivo prioritario del PNBA, in quanto solo attraverso il miglioramento della conoscenza è possibile garantire il rispetto delle norme vigenti e l’applicazione di tecniche di allevamento più rispettose delle esigenze etologiche delle specie allevate.

Le iniziative di formazione finanziate e coordinate dal Ministero si prefiggono, pertanto, l’obiettivo di creare un sistema nazionale che garantisca la conoscenza ed il rispetto delle norme di benessere animale da parte di tutti gli attori della filiera.
Dal 2010 il PNBA prevede anche una programmazione dei controlli per la verifica delle disposizioni concernenti il benessere degli animali durante il trasporto e nella macellazione.

Nel prossimo futuro il benessere animale, già oggi ricompreso tra gli obiettivi principali della politica europea, troverà sempre maggiore spazio anche in considerazione dell’aumento della sensibilità dei cittadini europei su tali tematiche e del riconoscimento dell’esistenza di uno stretto legame tra benessere, sanità animale e sicurezza alimentare.

I medici veterinari, sia pubblici che privati, e tutti gli attori della filiera devono essere pronti a questa profonda evoluzione che comporta sicuramente un cambiamento culturale e un notevole impegno, anche sul piano economico, ma che a lungo termine condurrà al miglioramento in termini di qualità delle nostre produzioni zootecniche.

Malgrado le rilevanti innovazioni, la nuova previsione di legge sul maltrattamento animale (L. 189/2004), risulta in parte inficiata da quanto disposto dall’articolo 19 ter delle disposizioni di coordinamento e transitorie del Codice Penale, il quale stabilisce che le regole del nuovo titolo sui delitti contro il sentimento per gli animali non trovano applicazione in materia di: caccia, pesca, allevamento, trasporto, macellazione, sperimentazione, circhi, zoo ed anche nelle manifestazioni di tipo storico-culturale che coinvolgono gli animali.

Questo è sicuramente il punto più controverso e delicato della normativa, ove si esprime un atteggiamento “confuso” nei confronti dei sempiterni conflitti tra interessi umani e interessi animali: certamente la caccia illegale, la vivisezione, la macellazione ed i trasporti non sono stati aboliti dalla nuova disciplina generale a tutela degli animali ma se, entro tali contesti, un soggetto maltratta o incrudelisce, per crudeltà o senza necessità, sugli animali, torna ad applicarsi la disciplina del codice penale.

In ambito amministrativo, sono molte le norme in tema di allevamento, trasporto, mattazione, commercio e via dicendo, che offrono agli animali certe garanzie, almeno sotto il “profilo collettivo”; altre prevedono certe tutele in quanto “specie”, per esempio in tema di caccia, pesca, detenzione abusiva di animali esotici o, in quanto “individui”, nel campo della sperimentazione animale o nella prevenzione al randagismo.

I settori dell’allevamento, del trasporto e della macellazione sono stati considerati per moltissimo tempo soltanto dal punto di vista dell’utilità umana e del massimo rendimento economico, senza soffermarsi sulle esigenze degli animali e sulle eventuali sofferenze loro inflitte. Questo tipo di atteggiamento si è lentamente modificato soprattutto grazie ad interventi normativi di carattere europeo che hanno indirizzato il nostro Paese, unitamente agli altri partners europei, a prevedere una serie di norme minime attraverso le quali disciplinare questi settori limitando, almeno in parte, le sofferenze causate agli animali.

La “catena alimentare” che prevede l’utilizzo degli animali individua, dopo la fase dell’allevamento, quella del trasporto: nel nostro Paese la disciplina è costituita dal recente Regolamento (CE) n. 1/2005 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate, cui è seguito il D. L.vo 151/2007, recante le disposizioni sanzionatorie per la violazione delle disposizioni del citato Regolamento comunitario. Tale disciplina prevede, tra l’altro, il divieto di trasporto di animali non idonei a sopportare il viaggio (ad esempio, animali gravemente malati o feriti, non in grado di spostarsi autonomamente senza sofferenza o di deambulare senza aiuto). Gli animali devono essere trasportati in condizioni di spazio sufficienti rispetto alla mole e alle esigenze fisiche dell’animale stesso; deve essere loro consentito il riposo, l’alimentazione e l’abbeveraggio; è vietato trasportare animali che abbiano superato il 90% del periodo gestazionale o che abbiano partorito durante la settimana precedente. Vengono introdotte poi norme più restrittive applicabili al trasporto superiore alle otto ore.

La normativa in tema di trasporti mostra una decisa sensibilità verso i bisogni degli animali e le condizioni di stress ai quali i medesimi sono inevitabilmente sottoposti a causa dello spostamento.
Per quanto, infine, concerne la fase della macellazione, occorre osservare come, per lungo tempo, le discipline predisposte dal legislatore in tale settore si siano indirizzate solo alla protezione della salute del consumatore, oltre che di aspetti meramente commerciali e fiscali.

Solo a partire dagli anni Settanta, la normativa ha iniziato ad affiancare alle esigenze di mercato e della salute pubblica, le preoccupazioni per le sofferenze causate agli animali al momento del loro abbattimento.

La normativa italiana attualmente in vigore è costituita dal D. L.vo 333/1998, in attuazione della Dir. 93/119/CE, successivamente modificato e integrato dalla L. 526/1999. Tale previsione legislativa ribadisce l’obbligo, già previsto dalle disposizioni precedenti, dello stordimento prima dell’abbattimento degli animali, in modo da evitare agli stessi “eccitazioni, dolori e sofferenze evitabili”, obiettivo che deve essere tenuto presente anche nel momento della costruzione e di ogni funzionamento dei macelli.

Il decreto tuttavia, prevede numerose deroghe tra le quali quella concernente le macellazioni che avvengono secondo i riti religiosi (la macellazione rituale riconosce il valore sacrale dell’animale offrendo il suo sangue a Dio, al quale appartiene la vita).

La macellazione rituale è divenuta di recente oggetto di dibattiti e polemiche perché, secondo una parte dell'opinione pubblica e degli esperti, il rispetto delle regole religiose implica un incremento della sofferenza dell'animale: questi viene immobilizzato e ucciso, secondo tecniche particolari, senza essere previamente stordito.

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