Per le pagine sulla vigilanza venatoria, ittica e zoofila, si ringrazia il dott. Iacopo Mori, Commissario del Corpo Forestale dello Stato, per aver consentito di attingere ad un suo lavoro presentato alla Scuola Superiore di Polizia
LA SICUREZZA "SUSSIDIARIA"
I modelli di sicurezza
Al fine di illustrare i modelli di sicurezza contemplati nel nostro ordinamento occorre premettere che nel corso degli anni lo Stato ha dovuto misurarsi con la difficoltà sempre crescente di far fronte all’esigenza di tutela della collettività, trovandosi, pertanto, costretto ad ammettere e regolare il concorso degli enti locali e dei soggetti privati in alcune attività (quelle “sussidiarie”) volte a garantire la sicurezza dei cittadini.
Tali soggetti (o meglio operatori), infatti, hanno reclamato nel tempo ruoli di partecipazione attiva nella costruzione di modelli volti a rafforzare tra i cittadini il sentimento di tranquillità o a placarne le ansie alimentate da una diffusa percezione di insicurezza1.
Ciò ha contribuito alla nascita della c.d. sicurezza “integrata”, quale strumento attuativo di politiche che vedono integrarsi le competenze esclusive dello Stato in materia di ordine e sicurezza pubblica, con quelle riconducibili agli enti locali ed ai privati operanti sul piano della prevenzione, quali governi territoriali di prossimità.
Oggi, pertanto, assistiamo ad un contesto che, da un lato contempla le attività attinenti ad interessi pubblici primari che presuppongono l’esercizio di speciali poteri autoritativi o coercitivi2 di competenza delle forze di polizia, e dall’altro, vede emergere una serie di attività, le quali, non riferendosi ad interessi pubblici primari, possono, proprio per tali motivi, essere affidate ai soggetti privati, seppur nel rispetto di determinate condizioni.
La sicurezza “sussidiaria” indica, dunque, l’insieme delle varie attività, poste in essere professionalmente da soggetti privati (singoli od associati), integrative o complementari della sicurezza approntata dalle forze di polizia3
La possibilità per i privati di assumere in sussidiarietà una funzione pubblica, è legata non solo alla natura dell’attività da svolgere, ma soprattutto alla capacità di dar vita ad un sistema adeguato che consenta, nel caso specifico, di contemperare le esigenze della sicurezza con la garanzia dei cittadini.
Il termine sussidiarietà è stato scelto al fine di evidenziare il carattere complementare delle attività sopra citate, rispetto alle funzioni di sicurezza “primaria” che restano affidate alle forze di polizia.
Il concetto di sicurezza, infatti, non si identifica con la sola prevenzione dei fenomeni criminosi, ma si estende a tutte quelle problematiche in grado di turbare la serenità delle collettività interessate.
Ciò premesso, se lo svolgimento delle attività di sicurezza “sussidiaria” presuppone che non vengano esercitate pubbliche funzioni, o svolti compiti comunque riservati alle forze di polizia, rimane da chiarire se agli operatori di detta sicurezza siano attribuibili qualifiche correlate a specifici poteri di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza.
La questione non riguarda solo caratteri meramente dottrinali, ma coinvolge aspetti destinati ad incidere concretamente sulla modalità dei servizi a loro affidati e sulla validità ed efficacia probatoria dei documenti eventualmente redatti.
Le guardie particolari giurate
L’attività delle guardie particolari giurate, disciplinata dagli artt. 133 e ss. del t.u.l.p.s. e dagli artt. 249 e ss. del relativo regolamento di esecuzione, consiste nell’esercitare l’attività di vigilanza o di custodia di beni mobili o immobili altrui, sia direttamente alle dipendenze di enti (pubblici o collettivi) o di privati proprietari (singoli o associati), sia indirettamente alle dipendenze di istituti di vigilanza (in tale ultimo caso, ex art. 134 t.u.l.p.s., è necessario ottenere l’autorizzazione del prefetto).
In ogni caso, tutte le guardie particolari giurate debbono ottenere identica autorizzazione (attraverso il decreto di approvazione rilasciato dal prefetto), e possedere i medesimi requisiti indicati dall’art. 138 t.u.l.p.s.
Occorre, pertanto, fare attenzione a non confondere la licenza che deve essere ottenuta dal privato per poter prestare opera di vigilanza o custodia di beni altrui (ex art. 134 t.u.l.p.s.), con il decreto di approvazione rilasciato alle guardie particolari giurate (ex art. 250 reg. t.u.l.p.s.)4.
L’ultimo comma dell’art. 138 t.u.l.p.s., aggiunto dall’art. 4 del D.L. 59/08, superando annose diatribe e contrasti di opinioni, ha definitivamente stabilito che “le guardie particolari giurate, nell’esercizio delle funzioni di custodia e vigilanza dei beni mobili ed immobili cui sono destinate, rivestano la qualità di incaricati di un pubblico servizio”.
In merito all’esatta natura (pubblicistica o privatistica) da attribuire all’attività espletata dalle guardie giurate si erano, infatti, sovrapposti due diversi orientamenti giurisprudenziali e dottrinali tra loro in aperto contrasto; attribuire natura pubblica alla suddetta attività, significava attribuire loro lo status giuridico di pubblico ufficiale.
La giurisprudenza degli anni novanta, anche alla luce delle modifiche normative degli artt. 357 e 358 c.p. (intervenute ex L. 26 aprile 1990, n. 86), aveva, tuttavia, già chiarito che alla guardia particolare giurata dovesse attribuirsi non la qualifica di pubblico ufficiale, bensì quella di incaricato di un pubblico servizio5.
La Corte di Cassazione aveva, infatti, ripetutamente stabilito che, in base al combinato disposto degli artt. 133 e 134 t.u.l.p.s., alle guardie particolari giurate non potevano essere concesse operazioni che importassero un esercizio di pubbliche funzioni o violazioni della libertà individuale, poiché tali soggetti dovevano essere esclusivamente impiegati nella vigilanza e custodia di entità patrimoniali.
Né tanto meno, stabiliva sempre la Suprema Corte, la qualità di pubblico ufficiale avrebbe potuto essere loro riconosciuta sulla base dell’abilitazione a redigere verbali fidefacenti, poiché, ex dell’art. 255 del reg. di esecuzione, ad essi è attribuita una attività accertativa non in grado di esplicare effetti all’esterno dell’ufficio e comunque, inidonea a connotare una pubblica funzione se disgiunta da un autonomo potere coercitivo6.
Bisogna, però, evidenziare che le guardie particolari giurate acquisiscono la qualifica di pubblico ufficiale sia quando procedono, come qualsiasi altro cittadino, ad un arresto in flagranza, sia quando, ai sensi dell’art. 139 t.u.l.p.s., sono chiamate ad aderire alle richieste degli ufficiali o agenti di p.s. o di p.g.
Gli agenti della vigilanza venatoria ittica e zoofila
L’ultimo comma dell’art. 138 t.u.l.p.s., ha definitivamente stabilito che “le guardie particolari giurate, nell’esercizio delle funzioni di custodia e vigilanza dei beni mobili ed immobili cui sono destinate, rivestano la qualità di incaricati di un pubblico servizio”. Tuttavia alcune leggi speciali disciplinano diversamente determinate posizioni7:
- Vigilanza venatoria: gli agenti venatori dipendenti degli enti locali delegati dalla regione (art. 27, 1° comma, lett. a), L. 157/92) sono agenti di p.g. e agenti di p.s., quindi sono anche pubblici ufficiali, limitatamente all’attività di vigilanza venatoria e nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza;
- Vigilanza venatoria: gli agenti venatori non dipendenti degli enti locali (art. 27, 1° comma, lett. b), L. 157/92) accertano le violazioni alle disposizioni sull’attività venatoria, redigono i relativi verbali e possono chiedere l’esibizione della fauna selvatica abbattuta e dei documenti alle persone in esercizio o in attitudine di caccia. Limitatamente a questa attività, essi esercitano quei poteri autoritativi che caratterizzano i pubblici ufficiali;
- Vigilanza ittica: gli agenti giurati addetti alla vigilanza ittica (art. 31 R.D. 1604/31 e art. 21 L. 963/65), ai fini della sorveglianza sulla pesca, hanno la qualifica di agenti di p.g. e quindi sono anche pubblici ufficiali;
- Vigilanza zoofila: le guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute (art. 6, 2° comma, L. 189/04) sono agenti di p.g., quindi sono anche pubblici ufficiali, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, in merito alla vigilanza sul rispetto delle norme poste a protezione degli animali da “affezione”.
Gli agenti della vigilanza venatoria, ittica e zoofila, anche quando debbono conseguire la nomina prevista dall’art. 250 reg. t.u.l.p.s., esercitano un’attività diretta a tutelare un interesse non strettamente privato, per cui la legge attribuisce loro uno status e poteri diversi da quelli conferiti alle guardie particolari giurate destinate alla vigilanza e custodia di beni8.
L’art. 163, comma 3, del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali), ha trasferito dallo Stato alle province il riconoscimento della nomina a guardia giurata degli agenti venatori e degli agenti ittici, riconoscimento che, pertanto, non spetta più al prefetto.
Il Ministero dell’Interno, con propria circolare inviata a tutte le prefetture9, ha chiarito che il rilascio dei decreti di riconoscimento delle guardie giurate zoofile (e di quelle ecologiche) è, invece, ancora di competenza del prefetto.
Rapporti tra il Corpo forestale dello Stato e le associazioni di protezione venatoria ittica e zoofila
La dimensione e la qualità dei servizi di sicurezza ausiliaria assicurati dagli agenti giurati addetti alla vigilanza venatoria, ittica e zoofila sono di tale ampiezza da esigere una particolare professionalità e da richiedere una specifica responsabilità.
Salvo casi particolari, le guardie di cui trattasi sono, infatti, normalmente legate ad una propria associazione o ente da un rapporto di volontariato; sotto il profilo giuridico, in merito allo status di guardia giurata, non vi è differenza alcuna tra quelle volontarie e quelle dipendenti, intese, quest'ultime, come “retribuite”, in quanto la normativa di base in tale materia, il t.u.l.p.s., non fa alcun distinguo in merito10.
Il rapporto che lega le guardie volontarie alla propria associazione o ente, è comunque un rapporto di “dipendenza” poiché, per entrare a far parte del personale di vigilanza di una di dette associazioni, si devono comunque accettare le regole stabilite negli statuti e nei regolamenti; inoltre, per poter permanere in servizio è necessario adeguarsi alle direttive impartite e seguire degli specifici corsi di qualificazione.
La particolare professionalità delle suddette guardie giurate è dimostrata anche dalla circostanza che in varie realtà, sparse su tutto il territorio nazionale, il Corpo forestale dello Stato ha siglato (unitamente alle prefetture ed enti locali) con le rispettive associazioni di protezione ittico-venatoria e zoofila-ambientale, diversi protocolli d’intesa per la sicurezza collinare e montana.
Tali protocolli sono finalizzati, nel rispetto dei ruoli dei vari sottoscrittori, all’attuazione di politiche integrate e condivise di sicurezza e alla definizione di modalità operative congiunte attraverso la stabilizzazione di forme di collaborazione coordinata per l’innalzamento dei livelli di prevenzione e contrasto delle ragioni d’insicurezza maggiormente avvertite dalla varie popolazioni locali.
Il concetto di sicurezza, infatti, non si identifica con la sola prevenzione dei fenomeni criminosi, ma si estende a tutte quelle problematiche in grado di turbare la serenità delle collettività interessate.
Il carattere complesso delle criticità presenti in ciascun territorio richiede, dunque, l’azione congiunta non solo di più livelli di governo, nell’ambito delle rispettive responsabilità, ma anche di tutti i soggetti, pubblici e privati, da coinvolgere in vista della concreta realizzazione di un sistema di sicurezza integrato e partecipato.
Infatti, come dichiarato dal Capo del Corpo forestale dello Stato, Ing. Cesare Patrone in occasione della convenzione del 10 marzo 2005, stipulata a Roma tra il Corpo forestale dello Stato e il WWF, “la prevenzione e il contenimento delle aggressioni inferte all’ambiente, non possono prescindere da un’azione di contrasto dei reati condotta in modo congiunto e sinergico tra istituzioni e società civile”.
È da tali finalità che scaturisce un terreno comune per la stipula, nei diversi territori collinari e montani, di accordi e protocolli tra i comandi provinciali del Corpo forestale dello Stato presenti sul territorio e le varie associazioni addette alla tutela e vigilanza in materia venatoria, ittica e zoofila11.
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