Vigilanza venatoria

La vigilanza sulla applicazione della L. 157/92 (norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e delle leggi regionali nella stessa materia è affidata, ai sensi dell’art. 27, commi 1 e 2 della suddetta legge:

a) agli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni. Ad essi è riconosciuta la qualifica di agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza;
b) alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali, alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del t.u.l.p.s.;
c) al personale del Corpo forestale dello Stato, alle guardie addette ai parchi nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e campestri, alle guardie private riconosciute ai sensi del t.u.l.p.s. e alle guardie ecologiche e zoofile riconosciute da leggi regionali.

Compiti e poteri degli addetti alla vigilanza venatoria

Dalla norma sopra riportata risulta, dunque, che la vigilanza venatoria è affidata ad una serie variegata di soggetti, aventi o meno la qualifica di agente di p.g. e di p.s.1
Proprio in relazione al fatto che non tutti i soggetti addetti alla vigilanza venatoria, ma solo alcuni di essi, sono in possesso di più ampi poteri riconducibili al possesso anche della qualifica di agenti di p.g., il legislatore, al successivo art. 28 della L. 157/92, ha ritenuto necessario individuare i poteri degli addetti a tale tipo di vigilanza.

Infatti, è stata prevista la possibilità per tutti i soggetti preposti alla vigilanza venatoria di chiedere, a qualsiasi persona trovata in possesso di armi o arnesi atti alla caccia, in esercizio o in attitudine di caccia, l’esibizione della licenza di porto di fucile, del tesserino regionale, del contrassegno della polizza di assicurazione, nonché della fauna selvatica abbattuta o catturata; questo potere autoritativo fa ritenere che tutti abbiano la qualifica di pubblici ufficiali2.

Il 2° comma dell’art. 28 ha stabilito, invece, che in caso di sanzioni penali, previste dall’art. 30, solo gli ufficiali e gli agenti di p.g. possono procedere al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, ad esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati; potere di sequestro che, pertanto, è stato escluso per gli agenti che non rivestono la suddetta qualifica di p.g.

Appare necessario sottolineare che, mentre il sequestro penale realizzato in ambito di vigilanza venatoria ai sensi dell’art. 28, 2° comma, postula l’esercizio delle funzioni di p.g., il sequestro amministrativo, eseguito ai sensi dell’art. 13 della L. 689/81, non presuppone l’esercizio di tali funzioni.
Pertanto, nell’ambito degli accertamenti degli illeciti amministrativi sanzionati dall’art. 31 della L. 157/92, agli addetti alla vigilanza venatoria spettano anche i poteri conferiti dall’art. 13 della L. 689/81, oltre alle facoltà attribuite dall’art. 28, 1° comma della L. 157/92; in questo senso, infatti, si pronunciano entrambi i testi normativi sopra citati.

Il 5° comma dell’art. 28 della L. 157/92, ha espressamente previsto che gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di p.g., i quali accertino, anche a seguito di denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, redigono verbali nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente da cui dipendono ed all'autorità competente ai sensi delle disposizioni vigenti.

Il 4° comma dell’art. 27 stabilisce, inoltre, che la qualifica di guardia volontaria può essere attribuita alle persone in possesso dei requisiti previsti dal t.u.l.p.s., le quali abbiano ottenuto un attestato di idoneità rilasciato dalla regione, previo superamento di un apposito esame.
Poiché i poteri degli agenti di vigilanza venatoria sono diversi a seconda che essi esercitino o meno funzioni di p.g., si ritiene opportuno soffermare l’attenzione sulla questione se alle guardie volontarie venatorie, di cui alla lettera b), 1° comma, dell’art. 27 della L. 157/92, possa essere riconosciuta la qualifica di agente di p.g., oltre a quella di guardia particolare giurata ai sensi del t.u.l.p.s.

Secondo la giurisprudenza nettamente dominante della Suprema Corte di Cassazione3 le guardie volontarie venatorie non rivestono la qualifica di agenti di p.g., nonostante alle stesse sia affidata la vigilanza sull'applicazione della L. 157/92, con la conseguenza che non è loro consentito disporre il sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia; potere che spetta, ex art. 28, comma 2, ai soli ufficiali ed agenti di p.g.

Il fatto che alle guardie volontarie venatorie sia attribuito, nell'ambito delle funzioni loro assegnate dalla L. 157/92, il potere di accertare violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, così come disposto dall’art. 28, commi 1 e 5, non comporta automaticamente il riconoscimento nei loro confronti della qualifica di agenti o ufficiali di p.g., ai sensi degli artt. 55 e 57, comma 3, c.p.p.
A tali organi di vigilanza venatoria, a condizione che rivestano la qualifica di guardia particolare giurata, compete, pertanto, il solo potere di redigere il verbale di contravvenzione e non anche quello di procedere al sequestro delle armi, della fauna e dei mezzi di caccia previsto nel caso di sanzioni penali ai sensi dell’art. 30 della L. 157/92.

La netta distinzione tra le previsione delle lettere a) e b) del 1° comma dell’art. 27, in ordine al riconoscimento della qualifica di agente di p.g., ha indotto la giurisprudenza a ritenere che ai soggetti contemplati nella lettera b), cioè alle guardie volontarie venatorie, non possa essere riconosciuta tale qualifica.

Anche le autorità amministrative interpellate sul problema dello status delle guardie volontarie venatorie, hanno sempre negato, sulla base della interpretazione sopra esposta, che a esse dovesse attribuirsi la qualifica di agenti di p.g.4

Infatti, laddove la legge ha ritenuto di attribuire competenze di p.g. in materia faunistico ambientale lo ha fatto espressamente; attenersi all’interpretazione letterale del dato normativo consente di tutelare maggiormente le garanzie del cittadino, considerato che tale questione verte su potestà di particolare cogenza, il cui esercizio può incidere in modo diretto ed irreversibile su beni primari come la libertà di movimento, di autodeterminazione e di riservatezza.

Pertanto, se il legislatore avesse voluto attribuire ad un soggetto, investito dei poteri di vigilanza e controllo, la qualifica di ufficiale o agente di p.g., lo avrebbe dovuto fare mediante l’introduzione di una norma contenente un richiamo agli artt. 55 e 57 c.p.p.; in mancanza di una siffatta disposizione legislativa, le guardie volontarie venatorie non possono essere considerate agenti di p.g.5.

È coerente con tale conclusione, la previsione costituzionale di cui all’art. 117 in tema di competenza regionale all’emanazione di normative di polizia urbana e locale, dal momento che, né le regioni, né gli enti territoriali delegati, avrebbero necessità di istituire o riconoscere quegli specifici poteri e qualifiche; la normativa regionale, non può, infatti, prevedere nuove fattispecie di reato, ma al più sanzioni amministrative, per l’irrogazione delle quali, ai sensi dell’art. 13 della L. 689/81, possono procedere gli organi amministrativi addetti ai controlli, esercitando così funzioni di polizia amministrativa e non giudiziaria.

Per quanto concerne, invece, gli agenti dipendenti degli enti locali delegati dalle regioni, bisogna evidenziare che le qualifiche di p.g. e p.s., loro espressamente riconosciute dall’art. 27, 1° comma, lett. a), sono però limitate allo svolgimento dell’attività venatoria, nell’ambito territoriale dell’ente d’appartenenza e nei luoghi nei quali sono comandati a prestare servizio.
Gli stessi agenti possono redigere i verbali di contestazione e gli altri atti connessi con la vigilanza venatoria, anche fuori dall'orario di servizio; possono, inoltre, portare durante il servizio e per i compiti di istituto, le armi da caccia e le armi con proiettili a narcotico.
Essi infine, a sensi dell’art. 29, portano senza licenza le armi di cui sono dotati nei luoghi ove prestano servizio ed in quelli attraversati per raggiungerli e per farvi ritorno.

Sempre in materia di vigilanza venatoria, rimane ora da verificare nei confronti di quali addetti debbano ritenersi operanti le limitazioni all’esercizio venatorio, contenute nell’art. 27 della L. 157/92.
Al 5° comma di tale articolo viene, infatti, affermato che agli agenti con compiti di vigilanza (di cui ai commi 1 e 2) è vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni; alle guardie venatorie volontarie è vietato, inoltre, l'esercizio venatorio durante l'espletamento delle loro funzioni.
La non precisa formulazione della norma richiamata ha fatto sorgere dubbi circa l’estensione del divieto di esercitare la caccia anche agli ufficiali e agenti di p.g., che pure vengono contemplati dal 2° comma dell’art. 27.

Si ritiene di poter affermare che il divieto di esercizio venatorio espresso dalla suddetta norma, non possa estendersi agli ufficiali e agenti di p.g. che rivestono tale qualifica in quanto appartenenti alle varie forze di polizia.
Una tale interpretazione è confortata dal fatto che, nel contesto dello stesso art. 27, allorquando si parla di agenti, il legislatore non ha voluto riferirsi né agli appartenenti alle forze di polizia, né tanto meno alle guardie volontarie venatorie, bensì unicamente a quegli agenti dipendenti dai diversi enti pubblici territoriali, ai quali l’ente medesimo può attribuire anche, o solamente, l’esercizio della vigilanza venatoria6.

BIBLIOGRAFIA

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