Si ringrazia il dott. Iacopo Mori, Commissario del Corpo Forestale dello Stato, per aver consentito di attingere ad un suo lavoro presentato alla Scuola Superiore di Polizia
Al fine di comprendere l’attuale normativa in materia di vigilanza zoofila, e le problematiche ad essa connesse, risulta necessario procedere ad una breve ricostruzione storica della legislazione intervenuta nel tempo.
La L. 12 giugno 1913, n. 611 (provvedimenti per la protezione degli animali) stabiliva all’art. 7, che le guardie zoofile delle “società” per la protezione degli animali fossero guardie giurate riconosciute dal prefetto e svolgessero funzioni di agenti di p.s.
Con l’avvento del fascismo, intervenne la modifica dell’intera normativa atta a regolamentare la procedura di riconoscimento e l’attribuzione di funzioni alle associazioni per la protezione degli animali che, di diritto, furono sciolte e ricostruite come organi provinciali dell’Ente nazionale fascista per la protezione degli animali (L. 11 aprile 1938, n. 612).
L’Ente per la protezione degli animali subì un altro riordino a seguito della L. 19 maggio 1954, n. 303, attraverso la quale furono abolite quasi tutte le disposizioni emanate in epoca fascista, mentre l’ordinamento delle guardie zoofile rimase immutato.
Successivamente, con l’entrata in vigore del D.P.R. 31 marzo 1979, l’Ente nazionale protezione animali muta la propria qualificazione, perdendo la personalità giuridica di diritto pubblico, per diventare persona giuridica di diritto privato; essa, di conseguenza, perde molte delle sue funzioni che vengono così attribuite ai comuni e alle comunità montane.
A seguito di tale modifica, anche la figura della guardia zoofila subisce un mutamento giuridico; infatti, l’art. 5 del suddetto D.P.R. stabilisce che “ferma rimanendo la qualifica di guardie giurate, le guardie zoofile aventi la qualifica di agenti di pubblica sicurezza perdono tale ultima qualifica e potranno essere utilizzate a titolo volontario e gratuito dai comuni e dalle comunità montane”, per la prevenzione e repressione delle infrazioni dei regolamenti generali e locali, relativi alla protezione degli animali ed alla difesa del patrimonio zootecnico.
Non più, quindi, agenti di p.s., ma guardie giurate che “potranno essere utilizzate” dagli enti pubblici preposti, a titolo “volontario e gratuito” per i compiti di vigilanza. Questa nuova configurazione giuridica ha comportato non pochi contraccolpi all’efficacia esecutiva delle guardie dell’Ente nazionale protezione animali svuotandole, oltre che delle funzioni più importanti, anche dell’autonomia operativa1.
Con l’entrata in vigore della L. 14 agosto 1991, n. 281 (legge quadro in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo), si stabilisce che le regioni debbano organizzare corsi di aggiornamento e formazione per il personale regionale, degli enti locali e delle unità sanitarie locali preposto ai servizi di cui alla suddetta legge, nonché per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le unità sanitarie locali e con gli altri enti locali (art. 3, comma 4).
Infine, la L. 20 luglio 2004, n. 189 prevede che la vigilanza sul rispetto della norme relative alla protezione degli animali sia affidata anche, con riguardo agli animali da affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli artt. 55 e 57 del c.p.p., alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute (art. 6, comma 2).
Compiti e poteri degli addetti alla vigilanza zoofila
Nell’ambito della vigilanza sul rispetto della norme relative alla protezione degli animali da “affezione”, le guardie particolari giurate delle associazioni zoofile riconosciute rivestono, nell’esercizio delle loro attività, la qualità di pubblico ufficiale e svolgono funzioni di p.g.
Il legislatore, facendo specifico riferimento agli artt. 55 e 57 del c.p.p., relativi alle funzioni di p.g., ha definitivamente chiarito, che in materia di protezione degli animali da “affezione”, le suddette guardie particolari giurate, nell’esercizio delle loro attività, sono, lungi da equivoci ed interpretazioni fuorvianti, agenti di p.g.2; mentre non possono assumere la qualifica di agenti di p.s.3
Secondo il Ministero dell’Interno, tali guardie svolgono le funzioni di p.g. ope legis, poiché è la legge a riconoscere alle medesime l’esercizio delle relative funzioni.
Si ritiene, inoltre, che detti soggetti assumano la qualità di ufficiali o agenti di p.g., a seconda delle disposizioni ricevute dalla autorità giudiziaria competente4.
In tema di caccia, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute, nominate con decreto prefettizio, non spetta, invece, la qualifica di p.g.; non è possibile, infatti, riconoscere detta qualifica basandosi esclusivamente sul fatto che alle medesime è affidata, a norma dell’art. 6, comma 2°, della L.189/04, la vigilanza sull’applicazione della citata legge e delle altre norme poste a tutela degli animali da “affezione”.
Infatti, in tale categoria rientrano esclusivamente gli animali domestici o da compagnia con esclusione della fauna selvatica, non potendo essere attribuito al dato normativo un significato rimesso a criteri di valutazione meramente soggettiva5.
Poiché, come già accennato, l'Ente nazionale protezione animali ha perso la personalità giuridica di diritto pubblico, oggi i suoi agenti sono guardie giurate volontarie di una associazione protezionistica nazionale riconosciuta, ai quali la L. 157/92, conferisce, in materia di caccia, i poteri di vigilanza e di accertamento indicati nei commi 1 e 5 dell'art. 28, ma non quello di procedere al sequestro penale previsto dal 2° comma dello stesso articolo, riservato, esclusivamente, agli ufficiali ed agenti di p.g.
La stessa L. 157/92 ha, tra l’altro, espressamente attribuito la qualifica di agenti di p.g. agli agenti dipendenti dagli enti locali delegati dalle regioni (art. 27, comma 1, lett. a), senza estendere tale riconoscimento alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale, menzionate alla lettera b) dello stesso comma.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione6 ha stabilito che, assunta la qualifica di guardie particolari giurate, quando esse hanno lo status di incaricato di un pubblico servizio, non integra il reato previsto dall’art. 651 c.p. il rifiuto di dare indicazioni sulla propria identità personale a richiesta di guardie particolari giurate delle associazioni zoofile riconosciute.
Ciò in quanto la disciplina prevista dall’art. 6 della L. 189/04, che affida anche ad esse, con riguardo agli animali d’affezione, la vigilanza sull’osservanza delle varie norme relative alla protezione degli animali, ha natura eccezionale e non è pertanto suscettibile d’interpretazioni estensive.
Una parte minoritaria della dottrina ha interpretato l’inciso “con riguardo agli animali d’affezione” come un voler limitare l’operato delle guardie volontarie alla sola vigilanza su cani e gatti; ma ad un esame più approfondito, ciò non risulta condivisibile.
Infatti, l’Accordo Stato-Regioni sul benessere degli animali da compagnia e pet-therapy del 6 febbraio 2003 (recepito con d.p.c.m. del 28 febbraio 2003), all’art. 1, comma 2, definisce come animale da compagnia: “ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall’uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi od alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all’uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet-therapy, da riabilitazione, e impiegati nella pubblicità.”
Questa definizione riprende, sostanzialmente, quella della Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, approvata a Strasburgo il 13 novembre 1987: “per animali da compagnia si intende ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia.”
Si può, pertanto, ritenere che, ai fini dell’applicazione della L. 189/04, vi sia una equiparazione tra animali da “affezione” e animali domestici o da compagnia, i quali, evidentemente, ricomprendono un novero più esteso rispetto al binomio cani e gatti.
Ciò premesso, al fine di meglio comprendere l’articolazione dei poteri e dei compiti degli addetti alla vigilanza zoofila, è necessario evidenziare come il panorama nazionale offra due diverse figure di guardie zoofile volontarie7.
Dobbiamo, infatti, operare una distinzione tra l’attività di vigilanza zoofila volontaria svolta ai sensi della L. 189/04 e quella svolta ai sensi di eventuali leggi regionali: la prima riguarda la vigilanza sul rispetto di norme statali di carattere penale in materia di maltrattamenti degli animali, mentre la seconda attiene, prevalentemente, alla tutela delle norme amministrative regionali in materia di anagrafe canina e felina.
Nel primo caso l’autorità a cui compete il riconoscimento è il prefetto, che provvede mediante rilascio del decreto di nomina a guardia particolare giurata; tali guardie zoofile svolgono una specifica attività di controllo e ad esse la L.189/04 attribuisce la qualifica di p.g. durante l’espletamento di tale funzione.
Nel secondo caso è il presidente della giunta regionale che procede alla nomina di guardie zoofile; tali soggetti svolgono una mera attività di vigilanza sull’applicazione della normativa regionale e non rivestono, nell’ambito di tale servizio, le funzioni di p.g.
Attraverso il decreto del Ministero dell’Interno del 7 maggio 2007 sono state stabilite le modalità di coordinamento della attività delle forze di polizia e dei corpi di polizia municipale e provinciale, al fine di prevenire e contrastare i reati previsti dalla L. 189/048.
Il suddetto decreto stabilisce, infatti, che le attività di prevenzione dei reati di cui alla L. 189/04 sono demandate in via prioritaria al Corpo forestale dello Stato e, nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza ed in quello funzionale dei rispettivi ordinamenti ed attribuzioni, ai corpi di polizia municipale e provinciale, ferme restando comunque le funzioni di p.g. che la legge rimette a ciascuna forza di polizia.
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